La mascherata, Venezia, Fenzo, 1751

Vignetta Frontespizio
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza spaziosa apparata per il corso delle maschere.
 
 In un carro bizzarramente adornato e tirato da cavalli vivi, vengono mascherate LUCREZIA da veneziana, BELTRAME da pescivendolo napolitano, LEANDRO da francese che parla italianato, VITTORIA da fiorentina, MENICHINO da tedesco, SILVIO da Appollo e AURELIA da Dafne, con seguito di altre maschere a piedi che accompagnano il carro. Mentre il carro si avvanza e fa il giro per la scena, le maschere cantano il seguente baccanale
 
 tutti
 
    La stagion del carnovale
 tutto il mondo fa cambiar.
 Chi sta bene e chi sta male
605carneval fa rallegrar.
 
    Chi ha denari se li spende;
 chi non ne ha ne vuol trovar.
 E s’impegna e poi si vende,
 per andarsi a solazzar.
 
610   Qua la moglie e là il marito,
 ognun va dove gli par;
 ognun corre a qualche invito,
 chi a giocare e chi a ballar.
 
    Par che ognun di carnovale
615a suo modo possa far;
 par che ora non sia male
 anche pazzo diventar.
 
    Viva dunque il carnovale
 che diletti ci suol dar.
620Carneval che tanto vale,
 che fa i cuori giubilar. (Fatto il giro e cantato il baccanale, tutti scendono dal carro, il quale si fa tirrar indietro)
 
 Silvio
 Oh Dafne mia vezzosa,
 siete pur graziosa. (Ad Aurelia)
 Aurelia
 Appollo mio diletto
625i raggi vostri m’han scaldato il petto.
 Silvio
 Mi fugirete voi qual dal suo nume
 fugì Dafne ritrosa?
 Aurelia
 Io d’Appollo sarò compagna e sposa.
 Lucrezia
 Via, via, siori novizzi;
630qua d’amor no se parla,
 siora ninfa gentil, caro mio nume
 nualtri no volemo farve lume.
 Leandro
 Mesieur, mesieur, madame
 allon qua nell’albergo,
635dove notre graziose mascherate
 finirà col plaisir joli jornate.
 Vittoria
 Andiamo in questa casa,
 dove vuo’ un pocolino
 ganzare col mi caro Becolino.
 Menichino
640Jo, fol fenir mi pelle florentine.
 State tante carine,
 ie pen parle toscane, non farluche;
 star tatesche ma nain star mamaluche.
 Leandro
 Madam, doné la main. (A Lucrezia)
 Beltrame
                                             Eh bene mio,
645dimme, chi songo io?
 Leandro
                                          Voi siete sposo
 di madame Lucrezie.
 Beltrame
 Da mogliema che buoi?
 Leandro
                                              Je fer pretendo
 monsieur il debito mio.
 Beltrame
 Obregato, monsù, faraggio io.
 Lucrezia
650Olà, cossa diseu? (A Beltrame)
 Seu matto o deventeu?
 No ve arecordé più del nostro patto?
 Via, caveve de qua, sier vechio matto.
 Beltrame
 A me chisso?
 Vittoria
                           Figgiuoli
655non vi state per poco a scorucciare.
 La Crezzina ha due mane,
 può darne, se sa far il su dovere,
 una al marito e l’altra al cavaliere.
 Lucrezia
 Sì ben, la dixe ben. Tolé, mario.
660A vu la dreta, perché sé el mio amor
 (a vu st’altra dalla banda del cuor). (A Leandro)
 Leandro
 
    Je tutte contante
 madame suì.
 
 Lucrezia
 
    Con do che me serve,
665me piase anca mi.
 
 Beltrame
 
    Non saccio che dire,
 faremo accosì.
 
 Lucrezia, Beltrame a due
 
    Andemo
                      sì sì.
    Annamo
 
 Leandro
 
 Allon uì, uì. (Entrano nell’albergo)
 
 Vittoria
670Via sposina mi cara,
 andate con il damo
 un pochino a ruzzare.
 Poi faremo il veglione,
 ballerem la frullana ed il trescone.
 Menichino
675Ie ancor foller pallar
 ma prime da pallar, foller trincar.
 Silvio
 
    Pastorella vaga e bella,
 viemmi, o cara, a consolar.
 
 Aurelia
 
    Caro nume, col tuo lume
680vien quest’alma a serenar.
 
 a due
 
    Dolce affetto che nel petto
 mi fa il core giubilar. (Entrano nell’albergo)
 
 Vittoria
 Beco, badate a mene,
 mi volete voi bene?
 Menichino
                                       Tante, tante,
685foi state pelle Jonfre,
 fostre singolarie foler sposare
 e lustiche foler pallar, cantare.
 a due
 
    E viva li sposi
 e viva l’amor.
 
 Vittoria
 
690   Evviva il bachino
 ch’io sento nel cor.
 
 Menichino
 
    Fisetto mio pello.
 
 Vittoria
 
 Mio caro bacello.
 
 a due
 
 E viva li sposi (Entrano nell’albergo)
695e viva l’amor. (Le maschere che restano cantano anch’esse)
 
    E viva cantiamo
 il bel carneval.
 
    Andiamo, godiamo,
 facciam baccanal. (Tutti entrano nell’albergo)
 
 SCENA II
 
 Camera nell’albergo.
 
 SILVIO, LUCREZIA, LEANDRO
 
 Silvio
700Graziosa veneziana,
 molto voi mi piacete.
 Leandro
 Veneziana gentil, bella voi siete.
 Lucrezia
 Cari, diseu dasseno?
 In verità stasera mi no ceno.
 Silvio
705Ma è da stimarsi assai
 che una vera toscana
 possa parlar sì ben da veneziana.
 Lucrezia
 Ve par che parla ben,
 perché semo lontani
710assae dai veneziani.
 Ma, se fusse a Venezia,
 co sta pronunzia mia
 tutti quanti la burla i me daria.
 Leandro
 Basta, sembra in Milano
715che voi parliate bene;
 e giudicar conviene
 che a Venezia più volte siate stata
 e che sia quella lingua a voi diletta.
 Lucrezia
 Cara Venezia! Siela benedetta.
720Siorsì, siorsì, son stada
 e tanto ben trattada
 e tanto compatia
 che certo in vita mia
 me l’arecorderò.
725Cara Venezia, benedetta, tiò.
 Leandro
 Via, lodo che serbiate
 grata memoria di città sì bella.
 Ora siamo in Milano,
 ora i vostri favori
730deh non negate ai vostri servitori.
 Lucrezia
 Oh, anzi mio patron.
 Silvio
                                         Voi trovarete
 egual premura in noi.
 Lucrezia
                                           Sì, caro fio.
 Ma mi gh’ho mio mario,
 el qual, per dirve tutto in confidenza,
735me tratta, poveretto, a sufficienza.
 Silvio
 Se non foste ammogliata,
 veneziana garbata,
 e aveste da sposar uno di noi,
 diteci il ver, chi sposereste voi?
 Lucrezia
740No me metté in impegno,
 perché, se ve dirò la verità,
 me manderà qualcun de là da Stra.
 Leandro
 Dite liberamente.
 Silvio
 Parlate schiettamente.
 Lucrezia
745Oe mi son donna Betta
 che gh’ha la lengua schietta.
 El vero ve dirò;
 se me mandé, mi ve stramanderò.
 
    Vu sé caro e sé belin
750ma sé tanto scarmolin
 che una mumia me paré.
 
    Vu sé bello e sé grasseto,
 sé ben fatto e sé tondeto
 ma... no so se m’intendé,
755caro fio, puto mio,
 ve podé licar i dei;
 se sé bei, no fé per mi.
 
    Vu premé, vu stalì
 e mi sio, dago indrio;
760via slarghemose,
 destachemose
 e passemola cusì.
 
 SCENA III
 
 SILVIO e LEANDRO, poi AURELIA
 
 Silvio
 Gentilissima donna!
 Leandro
                                        Ella a dir vero
 è spiritosa assai.
 Silvio
                                 Col suo bel spirito,
765col suo dir, col suo fare,
 una conversazione può ravvivare.
 Aurelia
 Signor Silvio gentile,
 mi rallegro con lei.
 Silvio
                                     Per qual motivo?
 Aurelia
 Perché lo spirito vivo
770di quella veneziana mascheretta
 vi piace e vi diletta;
 e la sua compagnia
 piacere vi darà più della mia.
 Leandro
 (Anche questa è gelosa).
 Silvio
775Deh mia diletta sposa,
 di me non dubitate;
 deh non mi tormentate.
 Aurelia
                                              Eh non temete.
 Tutto vi lascio far quel che volete.
 Silvio
 Ma voi siete adirata.
 Aurelia
                                        E con ragione.
 Leandro
780Credetemi, signora,
 che Silvio con Lucrezia
 trattato ha sempre mai modestamente.
 Aurelia
 Siete d’accordo, non vi credo niente.
 Silvio
 Dunque...
 Aurelia
                      Dunque tornate
785dalla vostra signora che vi aspetta.
 Silvio
 Deh Aurelia mia diletta,
 mi volete veder dunque morire?
 Mirate questo pianto
 che dagli occhi mi sgorga.
790Voi mi fate provar tormenti e pene.
 (Due lagrime talvolta fanno bene).
 Aurelia
 Via, caro, non piangete.
 Se bene mi volete,
 di più da voi non chiedo.
 Silvio
                                                Io vostro sono.
795Cara, mi perdonate?
 Aurelia
                                         Vi perdono.
 Silvio
 Oimè, che dal contento
 il cor nel seno giubilar mi sento.
 
    Bel goder contento in pace,
 senza doglie, senza pene;
800cara sposa, amato bene,
 consolate il mesto cor.
 
    D’imeneo la chiara face
 vuo’ sperar vi renda ancora
 men molesta a chi v’adora
805e vi tolga ogni timor.
 
 SCENA IV
 
 AURELIA e LEANDRO
 
 Aurelia
 Silvio assai gentilmente
 con graziosi concetti
 rimprovera da scaltro i miei sospetti.
 Leandro
 Infatti non può darsi
810pena più aspra e ria
 d’una importuna, ingiusta gelosia.
 Aurelia
 Ma come l’ha da fare,
 quando s’ama davvero,
 a non esser gelosi?
 Leandro
                                     Io vel dirò,
815se ascoltarmi vorrete.
 Aurelia
                                          Ascolterò.
 Leandro
 
    Chi crede il bene
 il mal non vede;
 sta nella fede
 la nostra pace.
820Chi si compiace
 di veder tutto
 amaro frutto
 riporterà.
 
    Se Silvio v’ama,
825se voi l’amate,
 che più bramate?
 Siate discreta,
 più non temete
 e goderete
830felicità.
 
 SCENA V
 
 AURELIA sola
 
 Aurelia
 Sì sì, scacciar io voglio
 da questo amante core
 ogni vano sospetto, ogni timore.
 Ma oh dio! Che tante volte
835l’ho detto invano e sempre,
 quando vedo il mio Silvio
 di donne in compagnia,
 mi tormenta la cruda gelosia.
 
    Anime innamorate
840che un sol oggetto amate,
 dite se facil sia
 scacciar la gelosia
 dal vostro amante cor.
 
    Ah mi risponderete
845che farlo proponete
 e tosto vi cangiate
 qualora vi trovate
 in caso di timor.
 
 SCENA VI
 
 BELTRAME solo
 
 Beltrame
 Corpo di satanasso!
850Io non ne posso più. Questa mia moglie
 mi vuol far delirare.
 Ma che dico mia moglie?
 Ora questo, ora quello
 me la conduce via
855e quasi non so dir s’ella sia mia.
 Fintanto ch’era un solo il suo servente
 io soffrivo paziente
 ma ora sono tre
 e loco pel marito più non c’è.
860Ma dunque che ho da fare?
 Beltrame, hai da crepare?
 Parla, grida, strappazza, è già tutt’uno,
 ti burlan tutti e non t’ascolta alcuno.
 Dunque... sì, giuro a Bacco...
865Questa saria la vera...
 L’esempio mi consiglia...
 Il genietto mi chiama...
 Con quella vedovella
 tanto gentile e bella...
870scherzar anch’io potrei,
 far quel che gli altri fanno anch’io con lei.
 Eh sì sì, vada via
 questa malinconia.
 Voglio far all’usanza.
875Vittoria è in questa stanza,
 vuo’ veder se mi riesce,
 con il pretesto della mascherata,
 con una canzoncina
 introdurmi a trattar la vedovina. (Prende una chitarra che trovasi sul tavolino e accostandosi alla porta della stanza canta la seguente canzonetta in lingua napolitana)
 
880   Vorria che fosse uciello e che volasse
 e che tu me ncapasse alla gaiola,
 vorria che fosse cola e che parlasse
 per cercare quattr’ova a sta figliola,
 
    vorria che fosse viento e che sciosciasse
885per te levà da capo la rezzola,
 vorria che fosse vufera e tozzasse
 per mettere paura alla figliola.
 
    Alla fegliola, ebbà.
 Lo stromiento senza le corde
890come deavolo vo’ sonà?
 Ebbà, ebbà, ebbà.
 
    E managgia li vische de mamata
 patreto, zieta e soreta, ebbà.
 
 SCENA VII
 
 VITTORIA e detto
 
 Vittoria
 Bravo, bravo, figliuolo,
895voi m’andate a fagiuolo
 con questo cantucciar sì dilettevole
 ma il dir napolitano gi è stucchevole.
 Beltrame
 E il vostro fiorentino
 col caro e colla cara
900veramente rassembra cosa rara.
 Vittoria
 Dunque parliam la nostra lingua usata.
 Beltrame
 Vedovina garbata,
 purché parlar con voi mi permettete
 parlerò in qual linguaggio voi volete.
 Vittoria
905Siete molto garbato
 ma voi siete ammogliato.
 Beltrame
                                                 E se mia moglie
 sta discorrendo coi serventi suoi,
 non potrei far lo stesso anch’io con voi?
 Vittoria
 Cicisbear con me? Voi la sbagliate.
 Beltrame
910Via, cara, non mi fate
 cotanto la ritrosa.
 Vittoria
 Eh io non son vezzosa
 come la vostra cara Lucrezina.
 Quell’arte soprafina
915in me non ho d’incatenare i cori
 né so far spasimar gli adoratori.
 Beltrame
 Eppure in questo punto
 io spasimo per voi. Son... Figuratevi,
 son come... come un gatto
920che il sorcio vede e graffignarlo aspira
 ma gli scappa di mano ed ei sospira.
 Vittoria
 Grazioso paragon.
 Beltrame
                                    Son come un cane
 che distana la lepre e corre e corre
 e poi la perde e di furor ripieno
925per la rabbia e il dolor morde il terreno.
 Vittoria
 Oh galante davver!
 Beltrame
                                      Son come un lupo
 che va per divorar la pecorella.
 Trova l’ovil serrato
 e il povero minchion parte affamato.
 Vittoria
930Io sorcio sono e lepre e pecorella
 che con un gusto matto
 so derider il lupo, il cane e il gatto.
 Beltrame
 Spiritosa voi siete,
 sempre più mi piacete.
 Vittoria
935Siete gentile e ameno
 ma sempre più voi mi piacete meno.
 Beltrame
 Ma come dovrei fare,
 cara, per meritare
 la vostra buona grazia? Anch’io vorrei
940far quel che gli altri fanno;
 e giacché ho da soffrire
 per causa di mia moglie
 tanti bocconi amari,
 anch’io, Vittoria mia, vorrei far pari.
 Vittoria
945Sapete in qual maniera
 gli uomini dalle donne amar si fanno?
 Beltrame
 Ma come? Io non lo so.
 Vittoria
 Ascoltatemi ben. Ve lo dirò.
 
    Con occhiate e con inchini
950si principia a coltivar;
 colle maschere e i festini
 si può meglio chiacarar.
 Ma i regali, ma i zecchini
 fan più presto innamorar.
 
955   So che voi m’intenderete
 e di più non vi dirò;
 e mi par che rispondete:
 «Questa regola la so
 ma un po’ tardi l’ho imparata.
960Più non v’è da regalar».
 
 SCENA VIII
 
 BELTRAME, poi LUCREZIA servita da MENICHINO e LEANDRO
 
 Beltrame
 Dunque, per quel che sento,
 se il modo non vi è da regalare,
 nulla si può sperare?
 Io che la tasca ho rotta e rifinita
965mi posso a voglia mia lecar le dita.
 Colle donne non trovo da far bene
 e soffrir mi conviene
 che corteggiata sia
 dunque la moglie mia?
970Eh giustizia non è.
 Vuo’ far cogli altri quel che fan con me.
 Eccola, oh come bene
 sa far le parti sue!
 Ecco la vezzosetta in mezzo a due.
 Lucrezia
975Obbligata, obbligata, non s’incomodi.
 Leandro
 Io faccio il dover mio.
 Menichino
 Ho quest’onore di servirla anch’io.
 Beltrame
 Eh signori serventi,
 non importa se fossero anche venti.
 Lucrezia
980Marito, che ne dite?
 Questi cavalierini
 non son tutti garbati?
 Beltrame
 Sono, signora sì, sono sguaiati.
 Lucrezia
 Non gl’abbadate.
 Leandro
                                  Amico,
985son vostro servitore.
 Beltrame
 Bello signor Leandro, io v’ho nel cuore.
 Menichino
 E me dove m’avete?
 Beltrame
                                        Un po’ più in là.
 Menichino
 Obbligato.
 Beltrame
                       Padron.
 Menichino
                                        Troppa bontà.
 Leandro
 (Lucrezia, a rivederci). (Piano a Lucrezia)
990Signore, io vado via.
 Beltrame
 Foco a vusignoria.
 Leandro
 Padrone, a voi m’inchino.
 Beltrame
 Oh che m’avete rotto il chittarino.
 Leandro
 (Oh che uomo malnato!
995Di soffrirlo mi son quasi annoiato). (Parte)
 
 SCENA IX
 
 LUCREZIA e BELTRAME, MENICHINO
 
 Lucrezia
 (Gran bestia è mio marito).
 Menichino
 Padron mio riverito.
 Beltrame
                                        Schiavo suo.
 Menichino
 Gli son servo obbligato.
 Beltrame
 Oh m’avete seccato.
 Lucrezia
1000E così rispondete a chi vi onora?
 Beltrame
 Voi mi stordite ancora?
 Menichino
 Io parlo con rispetto.
 Beltrame
 Che tu sii maledetto.
 Lucrezia
 E voi ve n’offendete?
 Beltrame
1005Per carità tacete.
 Menichino
 Una parola sola.
 Beltrame
                                Oh che tormento!
 Menichino
 Una sola parola e vado via.
 Beltrame
 Parlate, col malan che ’l ciel vi dia.
 Menichino
 M’inchino al vostro merito
1010presente e non preterito.
 
    Io v’amo e sol bramo
 servirvi, gradirvi.
 Madama è una dama,
 che dirlo potrà.
 
1015   Mi prostro, m’inchino
 con tutta umiltà.
 
    Ma voi v’inquietate.
 Vi prego, ascoltate
 una parola sola
1020e parto in verità.
 
 SCENA X
 
 LUCREZIA e BELTRAME
 
 Beltrame
 Ed ancor mi corbella! Eh giuro al cielo,
 non voglio più soffrir.
 Lucrezia
                                          Bella figura
 mi fa far un marito
 pieno d’inciviltà.
 Beltrame
                                  Bei complimenti
1025che mi fanno, signora, i suoi serventi!
 Lucrezia
 Siete un uomo incivile.
 Beltrame
 Siete una donna pazza.
 Lucrezia
 Maledetta pur sia la vostra razza.
 Beltrame
 La mia razza, signora, è bella e buona.
 Lucrezia
1030Oh razza... Deh non fate
 che il sangue mi si scaldi.
 Beltrame
                                                 No, non faccia,
 non si accenda il polmone.
 Lucrezia
 Sì sì, avete ragione.
 Questo mi si conviene,
1035perché a voi ho voluto troppo bene.
 Beltrame
 E io, se non vi amassi,
 geloso non sarei
 e per vostra cagion non penerei.
 Lucrezia
 Bell’amor!
 Beltrame
                       Bell’affetto!
 Lucrezia
1040Io mi sarei dal petto
 per voi levato il core.
 Beltrame
                                         Il sangue istesso
 avrei sparso per voi.
 Lucrezia
                                        Barbaro!
 Beltrame
                                                           Ingrata.
 Lucrezia
 Son così maltrattata,
 perché... perché... so io.
 Beltrame
1045Perché son troppo buono, il torto è mio.
 Lucrezia
 Non lo credevo mai
 che un marito crudele... Oimè mi sento
 stringere il cor; non posso più.
 Beltrame
                                                          Che avete?
 Lucrezia
 Via di qua.
 Beltrame
                        Che? Piangete?
 Lucrezia
1050Via, lasciatemi stare.
 Lasciatemi creppare.
 Beltrame
                                         Oimè, Lucrezia.
 Lucrezia
 Cane, cane, crudele.
 Beltrame
                                       Oh moglie mia.
 Lucrezia
 Mi volete voi bene?
 Beltrame
                                       Ah sì, v’adoro.
 Lucrezia
 Mi gridarete più?
 Beltrame
                                    No, mio tesoro.
 Lucrezia
 
1055   Ahi mi sento che il tormento
 mi fa ancor lacrimar!
 
 Beltrame
 
    Gioia mia, più non fia
 che vi senta a sospirar.
 
 Lucrezia
 
    Dite il ver, m’amate voi?
 
 Beltrame
 
1060V’amo, cara, e v’amerò.
 
 Lucrezia
 
 Se mi amate, non gridate.
 Voglio far quel che mi par.
 
 Beltrame
 
    Ma, Lucrezia, questo poi...
 
 Lucrezia
 
 Dite il ver, mi amate voi?
 
 Beltrame
 
1065V’amo, o cara, e v’amerò.
 
 Lucrezia
 
 Se mi amate, non parlate,
 voglio andar dove mi par.
 
 Beltrame
 
    Eh non so...
 
 Lucrezia
 
                            Piangerò.
 
 Beltrame
 
 Questo no...
 
 Lucrezia
 
                         Creperò.
 
 Beltrame
 
1070   Lucrezina, deh non piangete;
 via farete quel che vorrete
 ed io mai non parlerò.
 
 Lucrezia
 
    Beltramino, caro, carino,
 se sarete con me bonino,
1075sempre, sempre v’amerò.
 
 a due
 
    Bel piacere al cor mi sento.
 Più tormento in sen non ho! (Partono)
 
 SCENA XI
 
 Cortile nell’albergo.
 
 VITTORIA, MENCHINO, LEANDRO
 
 Leandro
 Il povero Beltrame
 è mezzo disperato,
1080perch’è della sua moglie innamorato.
 Vittoria
 È vero, ei fa il geloso
 ma però volea far meco il grazioso.
 Menichino
 Adunque ei si diletta
 far l’amore, se può?
 Vittoria
                                       S’io secondato
1085avessi il suo pensiere,
 egli fatto m’avria da cavaliere.
 Leandro
 La sua moglie lo sa?
 Vittoria
                                       Credo di no.
 Leandro
 Eccolo ch’egli viene.
 Andiamo tosto a ritrovar Lucrezia.
1090S’ella acconsente a far un po’ di chiasso,
 alle spalle di lui vuo’ darvi spasso.
 Vittoria
 Caro il mio Menichino,
 a voi torto non faccio. (Parte)
 Menichino
 Due altri zecchinetti e soffro e taccio. (Parte)
 Leandro
1095Mascherati fra poco tornaremo
 ed il nostro geloso si godremo. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 BELTRAME, poi VITTORIA, poi LUCREZIA, poi MENICHINO, poi LEANDRO, mascherati in dominò
 
 Beltrame
 Oh grand’amor è quello della moglie.
 In mezzo a mille doglie,
 in mezzo a mille affanni,
1100doppo tanti e tant’anni,
 se la cara consorte piange e prega,
 un uomo di buon cor nulla a lei nega.
 Io l’amo, io l’amo tanto
 che in virtù del suo pianto,
1105benché cosa mi chieda un poco dura,
 d’ottener quel che vuol da me è sicura.
 Ma di già m’è sparita,
 dove mai sarà ita?
 Per non vederla a piangere e creppare,
1110convien dov’ella vuol lasciarla andare.
 
    Vada pur, non so che dire;
 per non vederla morire,
 starò cheto e soffrirò. (Viene Vittoria mascherata in dominò, la quale accompagnando coi gesti il suono dell’orchestra mostra essere inamorata di Beltrame)
 
    Mascheretta, non v’intendo
1115ma dai cenni ben comprendo
 che il mio bel v’innamorò. (Viene Lucrezia dall’altra parte mascherata come Vittoria e con cenni simili fa lo stesso)
 
    Mascheretta, siete amante
 ancor voi del mio sembiante?
 Tutte due vi servirò. (Leandro e Menichino mascherati al suono dell’orchestra vengono verso Beltrame)
 
1120   Miei signori, a voi m’inchino. (Leandro e Menichino fanno cenni coi quali lusingano Beltrame)
 Batterete l’accialino?
 Obligato vi sarò.
 
    Mascherine, mie carine,
 tutte due vi servirò. (Tutti si levano la maschera e ridono e Beltrame resta attonito)
 
 a quattro
 
1125   Signor Beltrame caro,
 saran le grazie sue
 gradite a tutte due;
 che cosa vuol di più?
 
 Beltrame
 
    Signori... moglie mia...
1130bondì a vusignoria...
 Un scherzo questo fu.
 
 Vittoria
 
    Ma voi m’avete detto
 che siete amante mio.
 
 Beltrame
 
 È stato uno scherzetto.
 
 Lucrezia
 
1135Gelosa non son io.
 
 Leandro, Menichino a due
 
 Vittoria servirete.
 
 Beltrame
 
 Sì sì, la servirò.
 
 a quattro
 
    Ma come poi farete?
 
 Beltrame
 
 Farò come saprò.
 
 Vittoria
 
1140   Qua la mano.
 
 Beltrame
 
                               Eccola qui.
 
 Lucrezia
 
 Alto il braccio.
 
 Beltrame
 
                             Eccolo lì.
 
 Leandro
 
 Riverenza.
 
 Beltrame
 
                       Signorsì.
 
 Menichino
 
 Piè in cadenza.
 
 Beltrame
 
                               Va così?
 
 a quattro
 
    Riverenza; piè in cadenza;
1145alto il braccio; qua la mano.
 
 Beltrame
 
 Ehi fermate, piano piano,
 mi volete sgangherar.
 
 a cinque
 
    Bel piacere, bel godere
 senza male sospettar.
 
1150   Quando il core balza in petto,
 il diletto fa ballar.
 
 Fine dell’atto secondo